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«Vi racconto cos’è per noi la Sindrome di Asperger» 

Abbiamo intervistato Francesca, la mamma di Nicolas, un ragazzo di 14 anni a cui è stata diagnosticata la Sindrome di Asperger in età precoce grazie alla meticolosa attenzione delle sue insegnanti d’asilo.  

Il 18 febbraio si celebra la giornata mondiale della Sindrome di Asperger per sensibilizzare la società sul mondo complesso e ancora oggi poco conosciuto di coloro che soffrono di questo specifico disturbo dello spettro autistico. Francesca è la mamma di Nicolas, oggi 14 anni, ed è convinta che, quando tutti conosceranno l’Asperger, le persone affette da questa sindrome potranno vivere una vita migliore. Ogni essere umano ha, infatti, una diversa chiave d’accesso, tutto sta nel riuscire a trovare quella giusta.    

Cosa distingue Nicolas dai suoi coetanei e cosa comporta l’Asperger nel suo caso?  

Mi piace definire Nicolas, e tutti i ragazzi come lui, ‘ragazzi speciali’ perché hanno una sensibilità diversa rispetto ai loro coetanei, sotto tanti aspetti: sono persone che pensano e sentono in modo diverso.   

L’Asperger è un particolare disturbo dello spettro autistico considerato ad “alto funzionamento” ma i sintomi legati a questa sindrome non sono uguali per tutti. Nicolas, ad esempio, non presenta tutte le tipiche stereotipie dell’Asperger, ad eccezione di scaricare l’ansia e la tensione camminando avanti e indietro.  Ha, però, difficoltà a socializzare, soprattutto con i maschi, ed è molto selettivo.   

Un elemento che accomuna Nicolas e tanti come lui è, invece, il forte fastidio per il rumore: sono sensibili alla confusione e, avendo una diversa forma di sopportazione, devono imparare un po’ alla volta a gestirla. Nicolas, fortunatamente, durante il suo percorso è stato indirizzato ed aiutato a gestire contesti rumorosi come la classe, i mezzi pubblici, il traffico. È un lavoro continuo di accettazione e adattamento all’ambiente circostante che non finisce mai, però negli anni abbiamo visto miglioramenti: oggi, ad esempio, prende i mezzi pubblici da solo per andare a scuola.   

Farlo uscire dalla sua normale routine è difficile. Però, sotto consiglio degli psicologi, cerchiamo continuamente di incoraggiarlo a fare in autonomia tante piccole cose, come appunto, andare a scuola o in vacanza da solo, iscriversi a diverse attività come l’atletica e il teatro. Possono sembrare scontate, invece per lui, e per noi, sono tanti piccoli traguardi che conquista ogni giorno. Non è tutto facile e gli intoppi ci sono, ma in questi casi cerchiamo di normalizzare l’evento spiegandogli che gli errori li commettono tutti.   

Un’altra cosa su cui stiamo lavorando molto, è quella di insegnarli a chiedere, soprattutto se non ha capito qualcosa. Essendo ragazzi visivi che fanno fatica a comprendere le cose astratte, una strategia può essere quella di scrivergliele o disegnargliele.   

Quando è arrivata la diagnosi che sensazione hai provato?  

Appena me lo hanno comunicato mi sono sentita frastornata, anche perché dieci anni fa non c’era la conoscenza che c’è oggi dell’Asperger. Inizialmente ero spaventata perché ci possono essere tante sfaccettature diverse, non sai bene come si manifesterà in futuro e cosa porterà al bambino questa sindrome.   

È importante prendersi il tempo per accusare il colpo ma poi è necessario rimboccarsi le maniche e reagire: ad oggi credo che l’accettazione sia la fase più importante.   

Fortunatamente se ne parla molto di più, e avere avuto allora gli stessi supporti che ci sono oggi mi avrebbe aiutato non poco, oltre ad avermi fatto sentire anche maggiormente compresa.    

Da quattro/cinque anni è nato il gruppo Asperger Veneto, un’associazione autofinanziata da noi genitori che, oltre a diffondere la conoscenza di questa patologia, si occupa anche di sostenere le famiglie tramite informazione, formazione e supporto psicologico. Io e Nicolas siamo entrati a farne parte anche per la possibilità di incontrare e conoscere famiglie e ragazzi con la stessa patologia. Gli incontri sono una volta alla settimana e mentre i ragazzi svolgono in gruppo esercizi di abilità sociale, noi genitori abbiamo a disposizione un luogo per parlare e confrontarci. È stato interessante notare come questi ragazzi siano tutti completamente diversi tra loro: mille sfumature diverse che accomunano la stessa sindrome. Questo ti fa capire come non ci sia un manuale guida da seguire perché quello che può andare bene per qualcuno, magari non va altrettanto bene per qualcun’altro. Si tratta quindi di provare finché non si trova la strada giusta (anche sbagliando). Questa è la mia esperienza.   

Quali segnali ti hanno spinto a indagare?  

Poco prima che Nicolas cominciasse l’asilo avevo notato qualche comportamento diverso rispetto agli altri bambini della sua età: è sempre stato molto bravo e buono ma aveva delle abitudini un po’ inconsuete come mettere in riga le cose, stava bene da solo e non ti guardava mai negli occhi.  

Mi è stato consigliato di aspettare che cominciasse l’asilo e, fortunatamente, appena ha iniziato, ha trovato delle insegnanti molto brave che se ne sono accorte subito, nonostante dieci anni fa parlare di Asperger fosse ancora un tabù. Sono stata fortunata perché non è per tutti così. All’interno del gruppo di cui parlavo prima, mi sono accorta, infatti, di più casi di diagnosi tardiva. Avere una diagnosi di questo genere su un ragazzino ormai grande è molto dura, perché è necessario intervenire e cominciare un percorso prima che il carattere sia formato.   

Su che supporto hai potuto contare?  

Dopo la diagnosi ho intrapreso due strade: pubblica e privata. Entrambi i percorsi però presentano delle difficoltà. Le tempistiche del pubblico sono molto lunghe. Nel privato, invece, bisogna prestare attenzione a dove si va e da chi ci si fa seguire.   

La prima psicologa privata a cui mi sono appoggiata, già dopo sei mesi che seguiva Nicolas, mi ha dato la diagnosi. Per avere quella dell’asl ci sono voluti due anni e mezzo. Per questo motivo mi sono appoggiata quasi esclusivamente al privato.   

Ricevuta la diagnosi, Nicolas ha cominciato un percorso di psicomotricità, e successivamente, anche un percorso di logopedia. Dalla prima elementare è stato seguito da una psicologa tre volte alla settimana. La frequenza era così alta perché il periodo delle elementari è stato il più duro che abbiamo dovuto affrontare: l’istituto scolastico non era preparato e gli insegnanti di sostegno oltre a non conoscere la sindrome di cui soffriva Nicolas, non erano disposti ad accettare consigli da persone esterne. Questi motivi mi hanno portata ad essere molto più selettiva nella scelta della scuola media, e, infatti, è andata molto meglio.   

Un supporto che fortunatamente ho trovato in questi ultimi anni è stato quello all’interno dell’associazione perché sono riuscita a trovare uno spazio anche per me. In queste circostanze, spesso, i familiari vengono dimenticati, ma anche noi abbiamo bisogno di aiuto e dentro l’associazione sia io che Nicolas abbiamo trovato uno spazio di supporto.   

Cosa diresti a un genitore che si è trovato da poco davanti ad una diagnosi di Sindrome di Asperger?  

Accettare la diagnosi è lo step più importante. Per me inizialmente è stato difficile perché pensavo di aver sbagliato qualcosa e che in qualche modo potesse essere colpa mia. Questo senso di colpa non ci deve essere.   

Un altro consiglio che mi sento di dare è parlarne, parlarne il più possibile e non avere paura di farlo, perché il confronto con altre persone, oltre ad essere uno sfogo, può essere utile.  È anche importante non avere timore di prendere decisioni importanti: questa esperienza mi ha fatto esporre molto, tante volte andando contro alle persone intorno a me. L’ho fatto con sicurezza perché sapevo che quella era la strada giusta per Nicolas. È importante documentarsi ma è importante anche riuscire a prendere decisioni individualmente, perché come dicevo prima, non esiste un unico modus operandi, bisogna provare, e, una volta capita la strada, proseguirla.   

Non è un percorso facile, è normale perdere la calma ed è normale ci siano difficoltà. Se abbiamo momenti di sconforto e non va tutto come avevamo previsto, accettiamolo. Va bene così.   

Infine, non dimentichiamoci di noi genitori. Anche noi abbiamo bisogno di aiuto e supporto e non dobbiamo avere paura di chiederlo.   

Come ci si può relazionare in maniera corretta con ragazzi/e affetti da Asperger? 

Quando ci relazioniamo con una persona con l’Asperger proviamo a chiedere il contatto visivo e ad essere il più possibile chiari e concreti quando parliamo, magari facendo anche degli esempi.   

Inoltre, non dobbiamo avere paura di pronunciare il nome di questo disturbo: la Sindrome di Asperger esiste e bisogna normalizzarla. Per tutti coloro che ne soffrono. Più se ne parla, più le persone inizieranno a conoscerla e a capire come relazionarsi nel modo giusto. All’inizio non era semplice nemmeno per me, ma oggi ne parlo liberamente. Sono convinta sia giusto farlo, sia per loro che per noi.