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Sono 3000 le specie aliene in Italia!

Come trattarle?

Dal gambero killer alla zanzara tigre, il 15 per cento delle specie alloctone si è radicato sul nostro territorio, divenendo una delle principali minacce alla biodiversità. Intervista a Ernesto Azzurro, biologo marino dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine (CNR-IRBIM), esperto di specie aliene e cambiamenti della biodiversità marina mediterranea.

Specie aliene: quale è la situazione in Italia?

Secondo la Banca Dati Nazionale delle specie alloctone, In Italia sarebbero presenti più di 3000 specie aliene, introdotte spesso volontariamente, di cui oltre il 15% invasive.

Sono più interessate le aree marine o quelle terrestri?

Se confrontiamo i numeri, in Italia ci sono molte più specie aliene terrestri che marine. Per queste ultime, studi recenti fanno salire il numero a 265 specie, quasi il doppio di quanto registrato venti anni fa. Molte di queste specie arrivano attraverso il canale di Suez: ben 186 specie aliene sono arrivate in Italia attraverso questa direttrice.  Il numero dei nuovi arrivi è, comunque, in continuo aumento ed alcune specie sviluppano popolazioni invasive con svariati impatti ecologici e socioeconomici.

Quali sono le principali specie aliene in Italia?

Spesso si sente parlare di gambero killer, scoiattolo grigio, tartaruga americana, zanzara tigre. L’elenco di specie invasive presenti nel nostro paese è molto lungo. L’ISSG, ovvero il gruppo di studio sulle specie invasive della IUCN, l’Unione internazionale per la conservazione della natura, ha elencato 100 tra le peggiori specie alloctone invasive del mondo.  Molte di queste specie sono presenti sul nostro territorio. Per quelle che sono le specie marine, possiamo indicare alghe come la Caulerpa, il granchio blu americano, i pesci coniglio. Molte specie invasive marine possono essere utilizzate per fini alimentari, alcune di loro sono già in commercio in molti paesi del Mediterraneo e questo è certamente un vantaggio per la gestione della problematica. 

Quale sono le principali vie e cause di ‘invasione’?

Iniziando dalle cause delle invasioni, queste sono riconducibili interamente al comportamento nostra specie. Nello stesso momento in cui leggiamo questo articolo, migliaia di specie stanno viaggiando in tutte le parti del mondo. Le trasportiamo con le navi, gli aerei, inavvertitamente insieme alle merci o di proposito per fini economici. Stiamo, di fatto, rimescolando le specie del globo, una dinamica descritta con il termine di omogenizzazione biotica e che va di pari passo con la globalizzazione economica e culturale. Questo vuol dire che alcune specie, quelle invasive, hanno un grande successo a scapito di altre che aumentano enormemente le loro probabilità di estinzione. Le specie invasive sono oggi riconosciute come una problematica globale ed una delle principali cause della perdita della biodiversità.

L’esempio australiano è paradigmatico: sterminio e conservazione sono necessari / possibili anche in Italia?

Non utilizzerei la parola ‘sterminio’, piuttosto di eradicazione quando questo è possibile. Ad ogni modo l’obiettivo è lo stesso, ovvero quello di eliminare completamente una popolazione risolvendo, così, il problema. Questa pratica viene utilizzata frequentemente negli ambienti terrestri con le dovute cautele. Invece, per quanto riguarda gli ambienti marini, l’ eradicazione è molto difficile, direi impossibile nella maggior parte dei casi. Quando una specie si insedia in una vasta area di mare, l’unico rimedio è quello del controllo e di una buona gestione della problematica.

Quando parliamo di conservazione, ci rivolgiamo alla preservazione di un equilibrio che è il prodotto, a sua volta, di migrazioni. È possibile immaginare di “gestire” il cambiamento invece di contrastarlo?

Per rispondere adeguatamente farei una distinzione iniziale. Possiamo, infatti, trovarci nella condizione di un’invasione molto recente, allora potremmo essere in tempo per agire in modo efficace, ma dobbiamo sbrigarci. Questo è un principio classico della lotta alle invasioni, l’ EDRR, ovvero Early Detection and Rapid Response. In altri casi (quasi sempre negli ambienti marini), il problema non può essere risolto alla radice e così le possibilità che abbiamo sono la mitigazione degli impatti e l’adattamento. La ricerca ha moltissimo da fare in questo campo, ad esempio per cercare nuove possibilità di utilizzo di queste specie come fonte di proteine, di biomolecole attive, di biomassa e, nei casi più fortunati, si riesce a trasformare una problematica ambientale in una nuova opportunità.