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La risposta ad un cyberbullismo che cresce

Cultura, cura e alfabetizzazione digitale devono tenere il passo della tecnologia se vogliamo che la digitalizzazione sia un’opportunità e non una minaccia per le nuove generazioni. Senza sicurezza, non ci può essere progresso

La digitalizzazione è la chiave di accesso per un futuro pieno di opportunità e innovazione. Come ogni grande strumento però, nasconde dei rischi che non restano affatto limitati al mondo virtuale. Lo vediamo con il bullismo, che ha trovato una sua realizzazione anche nel digitale con il fenomeno sempre più crescente del cyberbullismo.

Nel gergo digitale non a caso si parla di vulnerabilità: di persone e di sistemi. Due universi che sono sempre più connessi. Al crescere dell’uso delle tecnologie digitali crescono anche le occasioni di violenza attraverso il web. La dinamica è tutt’altro che circoscritta al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. Si riscontra, per esempio, in sanità. Da anni i dati sensibili sono il principale obiettivo del cybercrime, gli attacchi agli ospedali continuano ad aumentare. L’informatizzazione della sanità – accelerata dalla pandemia – ha aumentato il numero di device, di scambi di informazioni, di reti connesse alle quali gli hacker possono accedere. Significa, altresì, che la sicurezza è la conditio sine qua non per completare il percorso di innovazione.

La stessa esperienza è vissuta quotidianamente da tantissimi bambini, adolescenti, insegnanti e genitori: tanto più il web è pervasivo nella vita delle persone e della scuola, tanto maggiori sono le occasioni nelle quali la violenza può farsi strada attraverso la rete.

È un rischio reale e tremendamente concreto.

Il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, che ha già dati tragici, nei mesi del lockdown ha visto un’impennata preoccupante. Secondo i dati di Fondazione Carolina, ad esempio, nel mese di aprile 2020 sono state 121 le vittime di cyberbullismo, 89 delle quali insegnanti impegnati sulle piattaforme di insegnamento a distanza. È di quest’anno, invece, la morte di una bambina palermitana che aveva aderito ad una famigerata sfida online.

Come affrontare tutto ciò? Di certo non rinunciando al progresso, ma investendo sulle persone.

L’esempio offerto dall’esperienza della sanità ci offre una guida: in quell’ambito la consapevolezza instillata negli operatori sanitari attraverso la formazione vale quanto e più di un firewall o di un antivirus.

Possiamo portare questo insegnamento nel mondo degli adolescenti e di coloro che cercano di educarli.  Non è, infatti, possibile eliminare ogni violenza, ogni cattiveria e ogni trauma dalla vita dei nostri ragazzi, reale o virtuale che sia, come non possiamo scongiurare ogni tentativo di attacco hacker negli ospedali. Possiamo, però, cambiare l’esito dell’attacco. Nel caso del cyberbullismo ciò equivale ad insegnare ai minori e agli adulti come reagire alle violenze, come riconoscere gli indizi che stanno per verificarsi, come disinnescarle o, se necessario, arginarle.  E, guardando non solo alle vittime ma anche ai possibili bulli, possiamo insegnare a chi usa la rete a non divenire attore, più o meno consapevole, di violenza, mostrando gli effetti reali ai quali alcuni comportamenti possono portare.

Ciò che è importante stabilire fin dal principio è che la relazione online non è spontanea, né naturale. È artificiale e condizionata dai fini degli utenti e degli sviluppatori. Bisogna saperlo, per muoversi con consapevolezza al suo interno.

La cultura è il primo passo della prevenzione e della cura e prevede, come ogni altro settore, un percorso di alfabetizzazione.

Dobbiamo costruirla e diffonderla. L’evento online “Relazioniamoci con la rete, non facciamoci intrappolare!” organizzato dalla Cooperativa Time4Child martedì 9 febbraio 2021, in occasione del Safer Internet Day sarà una di queste occasioni.

Prof. Luca Bernardo

Direttore Dipartimento Materno-Infantile dell’ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano