Intelligenza artificiale integrata alla didattica? Oggi è possibile
Le tecnologie non rappresentano solo dei pericoli se messe tra le mani dei più piccoli. Esistono strumenti costruiti per loro, per farli divertire educandoli e aiutandoli a potenziare le loro capacità.
“Intelligenza Artificiale” (IA): una parola che continua a risuonare nella nostra quotidianità. Cresce il suo utilizzo, che oggi entra a far parte delle nostre vite e, in particolar modo, dei nostri schermi. Se in passato l’IA veniva associata prevalentemente alla famosa “domotica”, oggi è diventata una risorsa per la risoluzione delle nostre domande. Per molti, infatti, IA è diventata sinonimo di chat bot alla quale chiedere qualsiasi tipo di informazione.
Non vengono raccontate abbastanza, invece, le grandi potenzialità di queste nuove tecnologie applicabili anche a strumenti educativi per cambiare la qualità di vita delle persone, in particolar modo di coloro che presentano difficoltà.
È il caso, ad esempio, dei serious game – letteralmente “giochi seri” – ovvero strumenti a scopo educativo che aiutano gli studenti nel processo formativo sperimentando un’attività ludica. Le loro caratteristiche non sono così diverse da quelle di un qualsiasi altro videogioco: presentano uno storytelling dinamico che mette al centro l’utente e le sue scelte, migliorandone i comportamenti e agendo in modo efficace su chi presenta disturbi specifici come quelli di apprendimento.
Ma come si costruiscono e come sono integrati nella vita scolastica e quotidiana questi strumenti innovativi? Lo abbiamo chiesto alla Dottoressa Mariagrazia Benassi, professoressa associata in psicometria e responsabile del laboratorio di psicometria e neuropsicologia del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna e al Dottor Matteo Orsoni, Psicologo, Ricercatore in Machine Learning e sviluppatore del modello di IA alla base di alcuni serious game. Entrambi rappresentano due volti di Develop Players, azienda sviluppatrice di videogiochi digitali con finalità educative col fine di migliorare le opportunità di apprendimento.
Imparare giocando è possibile grazie all’intelligenza artificiale. Con Develop Players rendete questo possibile, ma quali vantaggi si hanno a utilizzare un serious game?
Essendo una piattaforma di apprendimento attivo, il serious game rende divertente, oltre che più semplice e personalizzata, l’assimilazione di conoscenza. L’esperienza di gioco coinvolge lo studente nel processo di apprendimento: riuscire a migliorare la propria attenzione e memorizzare contenuti può infatti risultare più divertente e meno difficile e noioso. Oltretutto, il carattere ludico lascia grande spazio alle emozioni stimolando e accrescendo le potenzialità cognitive di ognuno.
Nel nostro caso, i giochi sono preposti per essere utilizzati da tutti: da chi vuole semplicemente migliorarsi a chi presenta vere e proprie difficoltà nell’apprendimento (DSA). Il vantaggio, quindi, è anche quello di semplificare l’esperienza di apprendimento dell’individuo, riuscendo al contempo a rafforzare i suoi punti di forza. Questo gli permette, inoltre, di aumentare la propria autostima e di ridurre le ansie che quotidianamente può provare tra i banchi di scuola.
I giochi con alla base una IA sono però rivolti a tutti gli studenti?
L’idea di gioco aiuta a stimolare l’interesse e la motivazione al lavoro, per questo è consigliata per tutti i diversi percorsi formativi. Senza poi considerare che questi strumenti virtuali permettono di essere utilizzati anche fuori dalle strutture scolastiche, ad esempio negli ambienti domestici, dove mantenere l’attenzione del bambino può essere più complesso. Il che può risultare utile anche per il genitore, aiutandolo a stimolare il proprio figlio nello svolgimento dei compiti scolastici.
Ma non dovremmo soffermarci solo al serious game. I programmi basati sull’IA stanno compiendo degli enormi progressi – anche e soprattutto nell’ambito formativo – ed è probabile che nell’immediato futuro riescano a rivoluzionare l’idea di didattica “generalizzata”, creando un percorso scolastico personalizzato e centrato sul singolo individuo: sul miglioramento dei suoi punti di forza e sul potenziamento delle sue difficoltà specifiche. Proprio prevedendo ciò, le Istituzioni stanno investendo molto sull’inserimento di queste nuove tecnologie all’interno della scuola sia a livello europeo, con programmi dedicati, che a livello nazionale, con i fondi del PNRR appositamente dedicati a ciò.
Tutto questo fa nascere una curiosità: cosa si nasconde dietro alla costruzione di questi programmi?
Per progettare dei sistemi di IA preposti alla didattica è necessario conoscere in maniera approfondita i meccanismi cognitivi alla base dell’apprendimento. Per questo ci affidiamo alla competenza di esperti, in prima battuta di clinici che conoscono i processi di sviluppo delle funzioni cognitive e sono in grado di indicarci in quale modo progettare le tecnologie. Nel nostro caso, una volta stabilito il processo tramite gli esperti, ci impegniamo a costruire il serious game nel suo lato narrativo e tecnico.
Quindi oltre ai clinici sono necessarie più figure professionali?
Si tratta di un lavoro multidisciplinare nella quale collaborano numerosi professionisti. Oltre ai clinici, dietro ai nostri strumenti possiamo individuare figure più tecniche: il programmatore per lo sviluppo del gioco, il data analyst per la strutturazione dell’IA e il trattamento dei dati, il game designer per lo sviluppo dello storytelling e l’informatico per l’integrazione della web page. All’equipe di lavoro possiamo inoltre aggiungere la user experience. Come sappiamo, le tecnologie basate sul data science possono personalizzarsi e auto-migliorarsi in base all’utilizzo dell’utente – il tanto discusso “machine learning” –, per questo la sua esperienza sarà utile all’ottimizzazione dello strumento.
Esistono ancora molti dubbi rispetto a queste tecnologie, come ad esempio i dilemmi etici sull’utilizzo e il trattamento dei dati piuttosto che sull’accuratezza delle risposte. Come riuscite a combattere lo scetticismo verso il vostro lavoro?
Il tema è molto dibattuto e di primario interesse vista la proliferazione di IA basate sul linguaggio naturale e le problematiche di privacy che si sono riscontrate nell’ultimissimo periodo. L’Unione Europea e il Garante per la Protezione dei Dati Personali sono oggi molto attenti a questo: da anni lavorano sulla sicurezza delle informazioni sensibili degli utenti, e questo è già un punto di inizio. La preoccupazione aumenta quando i dati appartengono ai giovanissimi, come nel nostro caso. Quello che noi possiamo fare è certificare la funzionalità dello strumento oltre che assicurare la tutela dei dati utilizzati per il suo sviluppo. Ma altrettanto importante è la trasparenza data dal coinvolgimento degli utenti nel processo di co-costruzione degli strumenti, quello che si chiama co-design.
Ma come è possibile valutare e, di conseguenza, certificare questa efficacia?
Dal lato degli sviluppatori, il processo di indagine è basato sulla statistica. Esistono delle metriche di valutazione che possono restituirci alcune informazioni riguardo alla funzionalità del sistema, registrando la sua accuratezza o, al contrario, gli sbagli che produce.
In un contesto così delicato come quello della formazione, ci affidiamo anche alla valutazione di esperti – come clinici e docenti – che saranno in grado di capire quanto le informazioni prodotte dall’intelligenza artificiale siano conformi alle necessità. Anche nella valutazione il processo è collaborativo e mai individuale.
Nonostante queste conferme, credete che l’Italia e, più in generale, l’Europa siano pronte a questa evoluzione?
Da molti anni l’Europa si prepara all’integrazione dell’IA nella vita di tutti i giorni. Basti pensare che già a partire dal 2018 si è avuto il primo riscontro con la pubblicazione del Libro Bianco sull’Intelligenza Artificiale da parte della Commissione Europea. Già da tempo, quindi, si è previsto nel panorama internazionale uno sviluppo e un’implementazione dei fondi per generare un progresso del data science. Inoltre, la Comunità Europea si è adoperata di normative di tutela in grado di prevenire eventuali problematiche riscontrabili da questo genere di sistemi informatici.
Nel nostro Paese la rincorsa ai nuovi standard di applicazione sta crescendo adesso, con cicli di studio dedicati all’IA e con ambienti di vita quotidiana che stanno accogliendo le nuove tecnologie. C’è però ancora molto da fare ed è necessario che l’Italia acceleri la sua corsa per rimanere al passo con i tempi.