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I disturbi alimentari tra ragazzi e ragazze: come riconoscerli tra i banchi di scuola

Il punto di vista della Dottoressa Foroncelli Nicolao – insegnante e psicologa

L’adolescenza è una fascia d’età molto complicata, ma anche la preadolescenza non va presa sottogamba: parliamo dei ragazzi soprattutto delle medie. Giovani che cominciano a sviluppare un nuovo concetto di sé, fatto della scoperta dei propri talenti, delle proprie passioni e anche dei propri limiti. Una fase in cui cominciano a scoprire la propria identità sessuale, i propri desideri, il rapporto con il proprio corpo e con quello degli altri. La scuola, quindi, svolge un ruolo più che fondamentale: lo sguardo degli insegnanti, infatti, spesso può arrivare dove non arriva quello dei genitori, osservando dinamiche e campanelli d’allarme. Ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Alessandra Foroncelli Nicolao, Psicologa e Insegnante.

Quali sono i segnali a cui un insegnante deve prestare attenzione e che potrebbero rivelare un disagio e un disturbo?

Ogni caso ha le sue specifiche, ma ci sono dei segnali condivisi che non devono essere presi sottogamba. Per esempio, quando vediamo gli studenti sviluppare pensieri ossessivi sull’alimentazione o sullo sport, soprattutto nei casi di danza o ginnastica artistica, o una continua e cieca adorazione di modelli di riferimento lontani dalla realtà, spesso del mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento, che presentano una fisicità estremamente magra o irraggiungibile. Sono da non sottovalutare anche l’assunzione di atteggiamenti poco partecipativi nelle dinamiche di gruppo, dalle feste a scuola fino al comportamento in casa o in classe, la diminuzione dell’attenzione e, chiaramente, repentini cambi di peso.

L’insegnante nota dei comportamenti sospetti in uno degli studenti: come approcciare i genitori?

È sempre un momento molto delicato segnalare a dei genitori le nostre osservazioni, poiché spesso di primo impatto tendono a negare. È fondamentale quindi che l’insegnante abbia un atteggiamento empatico. Il metodo migliore è condividere con loro le nostre osservazioni, chiedendo se i figli assumano lo stesso comportamento sospetto anche nell’ambito familiare, senza farli sentire in colpa nel caso in cui non l’avessero notato. Non scordiamo infatti che spesso chi soffre di disturbi alimentari, soprattutto nel caso dell’anoressia, tende a mentire. Vero è che i genitori di oggi sono molto più consapevoli dei rischi a cui sono esposti i figli, e molto attenti ai loro comportamenti anche in rapporto alla tecnologia.

E la scuola invece come può essere d’aiuto ai ragazzi?

Il ruolo della scuola è fondamentale. Molte scuole hanno lo sportello di ascolto, ma spesso chi ha difficoltà non trova il coraggio di presentarsi da solo. È quindi importante, anche in questo caso, l’empatia e sfruttare la dinamica del gruppo: affrontare in classe il tema della salute mentale, del benessere psicologico, e quindi delle problematiche che un preadolescente potrebbe trovarsi ad affrontare è la strada giusta. Insicurezze, paure per il futuro, vulnerabilità, pensieri nocivi e pericolosi: questi temi vengono affrontati sotto la guida dell’insegnante sotto forma di dibattiti, in cui i ragazzi portano le loro osservazioni su, ad esempio, “le 10 skills fondamentali per la vita”. Inoltre, all’interno delle dinamiche di gruppo è più facile che i compagni e le compagne di ragazzi e ragazze che stanno attraversando un momento difficile vengano a segnalarcelo. Ragionare con loro è sempre la scelta vincente, perché se anche il ragazzo o la ragazza non interviene nel momento di discussione in classe, può partecipare scrivendo nei compiti che assegniamo, sentendosi protetto/a dalla scrittura e a proprio agio nell’entrare in un clima confortevole e sicuro.