Skip to content

I BENEFICI DELLA COOKING THERAPY

L’atto di cucinare racchiude cura e amore verso sé stessi e verso l’altro, un atto non così distante dalla psicologia. È proprio dalla fusione di psicologia e cucina che si delinea la pratica della Cooking Therapy, “un metodo terapeutico che permette di avvalersi delle potenzialità dell’atto del cucinare per conoscere, individuare, attivare, potenziare risorse mentali personali e di gruppo” come ci racconta in questa intervista Barbara Volpi.

Barbara Volpi, psicologa, psicoterapeuta, PhD in Psicologia Dinamica e Clinica grazie al suo libro Che cos’è la Cooking Therapy, pubblicato da Carocci editore nel 2020, ha diffuso in Italia la “Cooking Therapy” unendo le sue due grandi passioni: la cucina e la psicologia.

Come è nata l’idea di unire la cucina con la psicologia? Perché la cucina ha un effetto sulla mente?

L’idea di unire due delle mie passioni, la cucina e la psicologia, è nata partendo dal mio percorso personale di approfondimento dei due settori e dal mio sforzo costante nell’individuare il trait d’union: il prendersi cura dell’altro aiutandosi a sviluppare le proprie risorse personali dando valore al vissuto quotidiano di ciascuno.

Tutti i giorni senza rendercene conto e, molto spesso, caricando il gesto del cucinare di incombenze, doveri, compiti da assolvere ne snaturiamo l’essenza curativa. L’atto del cucinare è strettamente connesso al prendersi cura di sé stessi e dell’altro a partire dal gesto primario dell’allattamento tra madre e figlio che è il primo canale di comunicazione e di conoscenza con il mondo degli affetti. Abbiamo conosciuto, così, il cibo come trasmissione di affetti, di cura e di amore per l’altro e partendo da questo principio cardine ho strutturato un percorso di terapia in cucina che, a partire dalla spesa, fino alla condivisione “affettiva” del pasto arriva a toccare nel profondo la persona e le sue relazioni. Psicologia e cucina, così come mente e affetti, non sono poi così tanto lontane. Ad unirle è il nutrimento: ci nutriamo di cibo, ma anche di emozioni e, quando siamo fortunati, dell’opportunità di condividerli.

In cosa consiste la cooking therapy? Può essere definita un nuovo strumento della psicologia?

La Cooking Therapy è una pratica di consapevolezza e un metodo terapeutico che permette di avvalersi delle potenzialità dell’atto del cucinare per conoscere, individuare, attivare, potenziare risorse mentali personali e di gruppo.

Lo dimostrano ricerche di psicologia e neuroscienze che confermano come la preparazione di pietanze abbiano influito positivamente nel trattamento dei deficit motori, cognitivi ed emotivi. Cucinare in gruppo, poi, attività che svolgo nei team building aziendali o nei laboratori di cucina selezionati per particolari disturbi, come i disturbi del comportamento alimentare (DCA), i disturbi d’ansia, o nella prevenzione della dipendenza da internet, ad esempio, attiva le leve strutturali di quella mentalità gruppale di condivisione affettiva che diventa l’alleato fondamentale del percorso di cura e di crescita interiore. 

Da questa fusione “cucina e psicologia” è nato il suo libro “Che cos’è la Cooking Therapy”: in poche parole cosa significa fare terapia in cucina?

Il programma terapeutico della Cooking Therapy così come viene delineato nel libro ha due anime specifiche. Una prima indirizzata a tutti, nella vita di ogni giorno. Un vero e proprio percorso di consapevolezza verso l’appropriazione del gesto del cucinare dove, partendo dalla spesa, dall’allestire la cucina in una sorta di laboratorio terapeutico, si attivano le leve mentali di una riflessione interiore, che nel “fare con le mani”, tagliando le verdure, attendendo la lievitazione del pane, ci consente la connessione con le nostre dimensioni interiori più profonde e dal cucinare si arriva ad altro: ricordi, momenti vissuti, ma anche un nuovo modo di procedere nella vita dando senso e profondità agli atti più semplici ma anche quelli più autentici e profondamente sedimentati nella nostra memoria implicita. Si cucina e si attua un percorso di mindfulness rimanendo concentrati su quello che si sta facendo, si attivano risorse interiori e si dà forma a un processo creativo, un buono interiore che può essere condiviso con altri o gustato con dosi profonde di autostima e soddisfazione personale.

La seconda anima del libro è, invece, diretta all’approfondimento della psicoterapia in cucina, sulla linea dell’integrazione tra terapia occupazionale, aspetti psicodinamici tesi all’integrazione del sé in un processo di rielaborazione degli aspetti intrapsichici, e relazionali. Il setting terapeutico si trasforma in laboratorio dinamico in cui il fare con le mani fornisce elementi psichici da interpretare e rielaborare nel percorso psicoterapeutico. Nel setting clinico la cucina può essere indirizzata ad alleviare sintomi depressivi, ansiosi, a promuovere la consapevolezza del bisogno nutritivo nelle persone affette da disturbi del comportamento alimentare, a ristrutturare un percorso di senso verso nuove direttive, alleviare problemi di regolazione emotiva nei bambini, iperattività, controllo degli impulsi, conflittualità familiari e di coppia, e a dare un senso di efficacia ai bambini e agli adolescenti, agli anziani, ad aziende che vogliono strutturare livelli organizzativi di qualità.

È un tipo di approccio terapeutico che possono intraprendere tutti/e?

L’atto del cucinare nella sua espressione terapeutica e clinica viene racchiuso nell’anagramma della parola CUCINA facendoci da subito comprendere che da essa possiamo trarre beneficio vitale e curativo TUTTI, grandi e piccini, in termini di prevenzione, cura e potenziamento personale e collettivo. 

C come CALORE – U come UNIONE – C come CONDIVISIONE – I come INTIMITÁ – N come NOSTALGIA – A come AMORE

La cucina nel percorso di Cooking Therapy diventa, quindi, un vero e proprio laboratorio esperienziale, formativo e terapeutico dove nel tagliare le verdure e assemblare gli ingredienti, da soli o in gruppi strutturati, si individuano parti di sé e dell’altro, da curare, scaldare, unire, condividere e potenziare nella vita di tutti i giorni. Un setting clinico che una volta incamerato nei suoi processi strutturali può essere trasportato come pratica meditativa e curativa nelle proprie abitazioni, nei gruppi, nelle comunità terapeutiche, nei luoghi formativi, come le scuole, diventato uno strumento per il benessere individuale e collettivo. È proprio questa la sfida della Cooking Therapy da me ideata.

Qual è per lei la ricetta più importante e perché? 

Ogni ricetta fatta con il cuore e con l’intento di trasmettere il bene a sé stessi e agli altri. Ricetta mentale che si struttura con la consapevolezza dei tempi di attesa di ogni processo trasformativo che dalla selezione e dal rispetto degli ingredienti arriva alla realizzazione della pietanza affettiva. Metafora di vita che la cucina, da grande madre del mondo, quotidianamente ci ricorda e ci insegna.

Ha mai pensato di insegnare Cooking Therapy nelle scuole o nei contesti giovanili? 

Certamente, l’ho fatto e continuo a farlo e a promuovere la diffusione della Cooking Therapy, sia in laboratori esperienziali nelle scuole o nel mio studio dove ho allestito un laboratorio di cucina, sia formando operatori del settore che desiderano acquisire questa tecnica terapeutica tramite un percorso teorico e pratico che continua poi nelle supervisioni cliniche. Credo infatti che un percorso di consapevolezza verso l’atto del cucinare sia estremamente educativo, in termini anche di prevenzione primaria, per i bambini e gli adolescenti, che a cominciare dall’allestimento del proprio spazio di lavoro imparano a controllarsi, a essere concentrati sul compito, ad essere resilienti, a sviluppare creatività su una base di autostima appresa all’interno del contesto familiare e nel rispetto dell’altro che diventa partner primario di un percorso di crescita e rispetto valoriale. In questa prospettiva l’atto del cucinare, inteso nella sua massima espressione di prendersi cura del sé e dell’altro, è una risorsa cardine per affrontare con successo la traiettoria di sviluppo del bambino che arriverà in adolescenza con un bagaglio di capacità interiori rilevante. Una cucina che fa bene al cuore e agli affetti, al quale si potrà fare affidamento sempre e comunque nei momenti di difficoltà. Nel mio testo sono esemplificati dei laboratori specifici per i bambini che apprendono in casa insieme ai genitori o nel setting clinico con il duplice obiettivo di risolvere e comprendere disturbi legati alla sfera emotivo-relazionale e comportamentale.

Mani in pasta e mente aperta quindi per educare, prevenire, curare e potenziare le risorse personali e il benessere collettivo dando sapore diverso alla quotidianità.