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Generazione green: il desiderio di prendersi cura dell’ambiente per proteggere il proprio futuro

La Terra ha bisogno di aiuto e i giovani l’hanno capito. Da Greta Thunberg ai green influencer, fino ad arrivare a richieste ben precise rivolte all’Unesco, le nuove generazioni non vogliono più aspettare e sono pronte ad agire per salvare il proprio avvenire.

Se dovessimo dare un volto all’attivismo ambientalista degli ultimi anni non potremmo fare altro che pensare a quello di una bambina, con lo sguardo deciso, due lunghe trecce e un cartello bianco con una scritta nera: “Skolstrejk för klimatet “, sciopero scolastico per il clima.

Greta Thunberg, oggi ventenne, è diventata il simbolo di una generazione che si risveglia dal torpore del mondo industrializzato e prende coscienza delle conseguenze di abitudini comode ma mortali per il pianeta e i suoi abitanti.

Tutto il mondo ha parlato e parla ancora di lei. È stata trasformata in un simbolo universale, volto di un movimento giovanile in contrasto con le generazioni precedenti, ritenute incapaci di agire per il bene della Terra sulla base degli errori e dell’inefficienza passata.

Ma non è l’unica. Dal 2018, anno in cui divenne famosa in tutto il mondo la fotografia di Greta che manifestava fuori dal Parlamento svedese contro il cambiamento, la voce della generazione Z si è allargata includendo giovani con non solo una forte voglia di cambiare, ma con progetti e idee concrete.

Hanno preso parte al cambiamento sfruttando il potere dei social network: diventare virali e creare una comunità globale.

Boyan Slat e la sua lotta contro la plastica negli oceani ne è un esempio: a soli 18 anni ha dato vita al più grande programma ambientalista del mondo con il progetto “The Ocean CleanUp”, ideando una gigantesca barriera lunga ben 2 km, in grado di raccogliere rifiuti plastici abbandonati in acqua sfruttando il moto delle correnti.

Amin Hataman, invece, è famosa per le sue borse realizzate con la nata di cocco, un composto gelatinoso ottenuto dalla fermentazione dell’acqua del frutto. Un progetto grazie al quale ha ricevuto la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Huston all’International Sustainable World Energy, Engineering and Environment Project e la medaglia d’oro all’International Young Inventors Olympiad in Georgia.

O ancora: Felix Finkbeiner, fondatore del progetto “Plant-for-the-planet” che aveva l’obiettivo di piantare un milione di alberi in Germania. Nel tempo il suo progetto è cresciuto talmente tanto da arrivare a coinvolgere oltre 100 mila ragazzini dai 9 ai 12 anni in 193 paesi. Quindi, è cresciuto anche il proposito, ambendo a superare il milione e puntando a piantare 1 trilione di alberi sparsi in ogni parte del mondo.

Ma le nuove generazioni sono attive anche senza ripulire i mari e piantare foreste: molti giovani creator, infatti, hanno deciso di sfruttare l’ampia portata della loro audience per generare un impatto concreto sulla coscienza collettiva.

Sono i cosiddetti green influencer, che discutono di sostenibilità, del riscaldamento globale, della riduzione degli sprechi e dell’inquinamento, offrendo ai loro follower soluzioni utili per ridurre il loro impatto ambientale.

È la nascita di una coscienza ecologica digitale, di un movimento in cui sono i ragazzi e le ragazze ad interrogarsi sul da farsi per proteggersi da un futuro che è tutt’altro che roseo.

Ma che ruolo ha la scuola in questa rivoluzione verde?

L’educazione green, secondo l’Unesco, è una delle strade da percorrere per la creazione di una coscienza ecologica, che si basi su una cultura adeguata e, soprattutto, condivisa.

Durante la Cop27, Conferenza sul clima svoltasi a novembre a Sharm El Sheikh, l’Unesco ha presentato uno studio dal titolo “Youth demands for quality climate chage education” a cui hanno preso parte 17.471 giovani di 166 nazioni, esprimendo le proprie preferenze su forum e gruppi di discussione gestiti proprio dalla stessa Unesco.

Le richieste dei giovani sono state stilate in una lista ben precisa che esprime consapevolezza e tanta voglia di migliorarsi.

Un esempio?

Dallo studio è emersa la necessità della creazione di un processo educativo che li porti a comprendere il cambiamento climatico e che li aiuti ad agire meglio nella quotidianità, o, ancora, il bisogno di un miglioramento della gestione interdisciplinare della tematica in modo da poter affrontare al meglio le sue complessità.

I dati riscontrati dallo studio, infatti, sono preoccupanti. Nonostante l’ondata green, su scala globale solo il 30% ha affermato di avere tante conoscenze sul cambiamento climatico, il 41% ne ha sentito parlare ma ne ha una conoscenza generica, il 27% ne ha sentito parlare ma non sa cosa sia e il 2% non ne sa nulla e non ne ha mai sentito parlare.

Dati che confermano il bisogno, e l’urgenza, di un’istruzione adeguata inerente al cambiamento climatico, un’istruzione che avvenga nel luogo in cui essa ne è padrona: la scuola.

Una trasformazione che deve valicare i confini delle singole scuole e conquistare interi sistemi scolastici internazionali.

I giovani sono pronti, e voi?