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Tanti io, senza noi: contrastare il bullismo significa essere comunità

Quanta violenza ci è vicina, nelle parole e nei comportamenti. Quanto dolore, a volte, non sentiamo. Dovremmo guardare con altri occhi chi ci circonda. Volendo, possiamo impedire alla violenza di nascere, se diamo attenzione agli altri, come parte di noi.

Dal 2017, il Ministero dell’Istruzione, università e ricerca, ha istituito ogni 7 febbraio la giornata nazionale contro il bullismo ed il cyberbullismo, in concomitanza con il Safer Internet Day (la giornata mondiale per la sicurezza in rete), per capire le cause ed individuare gli strumenti più efficaci contro questo fenomeno drammatico e davvero troppo diffuso.

La Campagna nazionale di sensibilizzazione, progettata e realizzata dagli studenti, ha il claim “Il Nodo Blu contro il Bullismo” e chiede agli aderenti di indossare un braccialetto blu, con un nodo, per ricordare l’importanza di combattere ogni forma di violenza.

Dai dati che recentemente ha raccolto la ricerca dell’Osservatorio (in)difesa, realizzata da Terre des Hommes e OneDay, un adolescente su due ha subito atti di prevaricazione fisica o psicologica da parte di coetanei e rivela di non sentirsi sicuro online.

Si stima che nel mondo siano 246 milioni i bambini e gli adolescenti vittime di una qualche forma di bullismo, costretti a vivere una sofferenza quotidiana indicibile.

Nel web, il cyberbullismo si associa a fenomeni di discriminazione, di perdita della privacy, di revenge porn, di adescamenti, stalking, molestie ed alienazione dalla vita reale con proposte di seguire modelli irraggiungibili che generano grande frustrazione. È così che internet per qualcuno può diventare “infernet”, come efficacemente è stato ribattezzato.

Fuori dalla rete, gli episodi di bullismo si verificano soprattutto a scuola: molti ragazzi diventano vittime di compagni, che esercitano su di loro comportamenti prevaricanti, in modo ripetuto e continuato nel tempo. Chi subisce, in genere, non è in grado di difendersi da solo e diventa bersaglio di ingiurie e sopraffazioni da parte di un singolo o, a volte, di un gruppo.

Spesso, i maltrattamenti non lasciano scampo, generando ferite profonde, soprattutto a livello psicologico, nelle vittime.

Il bullismo è rabbia ed intolleranza verso gli altri, negazione del loro modo di essere.

Il dolore che prova chi ne è vittima deriva dalla mancata accettazione, da un profondo stato di solitudine, dalla paura e da un logorante senso di inadeguatezza.

Bersagli dei maltrattamenti sono l’orientamento sessuale, le caratteristiche fisiche, la razza, la personalità, la condizione sociale.

La violenza, a volte, nei casi più gravi, può arrivare ad indurre la vittima a comportamenti autolesionistici, fino a spingerla al suicidio. Il dolore indotto determina forme di chiusura che portano ad un vero e proprio isolamento: la persona non trova ascolto in famiglia o a scuola, perde ogni riferimento, non si sente amata e non riesce ad avere vita sociale.

I gesti e, soprattutto, le parole possono distruggere l’identità ed annichilirla, per cancellare l’unicità che ognuno porta con sé.

Il bullismo non è mai un problema di un singolo, ma riguarda sempre l’intera società.

I fenomeni di violenza, infatti, sono possibili davvero soltanto quando la comunità è frammentata o assente: quando sussistono tanti io, deboli, senza un noi. Qualsiasi prevaricazione trova terreno fertile nella solitudine e nell’omertà.

Il bullismo è forte solo quando la comunità è debole. Quando prevale l’indifferenza verso l’altro, il silenzio di chi vede e non denuncia, di chi accetta e passa oltre.

L’emergere di casi violenti è la cartina di tornasole per valutare lo stato di salute di una comunità: la forza dei suoi valori di riferimento, l’efficacia dell’educazione, l’attenzione ed il rispetto per gli altri.

Il bullismo agisce come forza distruttiva, che mina alle fondamenta la possibilità di stare insieme, perché la sua azione violenta condanna ogni tipo di diversità, intendendola come minaccia da estirpare.

Per diventare preda di un bullo basta mettere gli occhiali, prendere troppo peso, avere l’apparecchio ai denti, sbagliare a parlare, amare qualcuno dello stesso sesso, non vestire alla moda.

In chi vede i maltrattamenti, il bullo lascia impressioni pericolosamente contrastanti: dal timore all’ammirazione, dalla tolleranza alla condanna.

Ciò che è certo è che il silenzio aumenta la forza della violenza e la lascia dilagare.

Per questo, da anni, le scuole sono impegnate a promuovere progetti didattici di sensibilizzazione contro il bullismo, coinvolgendo studenti ed adulti. Infatti, per sradicare la violenza è necessaria la collaborazione di tutti.

Nessuno deve rimanere in silenzio. Restare indifferenti equivale ad essere complici.

Sentirsi parte, invece, vuol dire fare la differenza: comprendere che la comunità è ciò che siamo e costruiamo ogni giorno, attraverso i pensieri, le emozioni ed i gesti di ognuno.