Urban Nature: perché le nostre città hanno bisogno di una rivoluzione verde
Una recente indagine del giornale britannico The Guardian ha rivelato che ben il 98% dei cittadini europei respira aria inquinata che supera i limiti di qualità stabiliti dall’OMS: in Italia, nella valle del Po e nelle zone circostanti, il valore è 4 volte superiore a quello consigliato. Ne abbiamo parlato con Eva Alessi, responsabile sostenibilità WWF Italia.
Nel fine settimana del 7 e 8 ottobre si è tenuta la VII edizione di Urban Nature, l’evento organizzato dal WWF Italia per promuovere la cura dell’ambiente nelle città.
Obiettivo di questa iniziativa: sensibilizzare cittadini e amministrazioni al bisogno di ripensare gli spazi urbani in un’ottica ecologica.
Time4child ha avuto l’occasione di intervistare Eva Alessi, responsabile sostenibilità del WWF Italia, che si è soffermata non solo sul successo di Urban Nature, ma anche sui recenti dati che riguardano il pianeta e le condizioni di salute dei suoi abitanti.
“In occasione di Urban Nature sono stati organizzati oltre 170 eventi, cui hanno partecipato migliaia di persone, inoltre, in giro per l’Italia, erano presenti 1700 banchetti che vendevano felci, pianta simbolo del lavoro di WWF e del suo impegno nel progetto “Oasi in Ospedale”.
Iniziativa nata dalla consapevolezza che, soprattutto per i bambini che affrontano lunghe degenze, la presenza all’interno dell’ospedale di un piccolo spazio verde interattivo, oltre ad aiutare a sopportare meglio il ricovero, può anche avere, come è stato dimostrato un effetto benefico sulla loro salute” così racconta la Dott.ssa Alessi.
Il tema della sostenibilità, negli ultimi anni, ha preso sempre maggiore spazio sui giornali e sembra essere cresciuta la consapevolezza dei cittadini.
Ciononostante, una recente indagine del giornale britannico The Guardian ha rivelato come ben il 98% dei cittadini europei respira aria inquinata che supera i limiti di qualità stabiliti dall’OMS.
In particolare, ai fini dell’indagine, sono stati presi in considerazione i livelli di PM2.5, polveri sottili prodotte prevalentemente dall’uso di combustibili fossili il cui quantitativo nell’aria non dovrebbe superare i 5 microgrammi al metro cubo.
Ad oggi solo il 2% della popolazione europea vive entro questi limiti, con numeri particolarmente preoccupanti nella Macedonia del Nord, l’Europa dell’est e l’Italia, che nella valle del Po e nelle zone circostanti, raggiunge un valore 4 volte superiore a quello indicato.
Come si pone il WWF riguardo a questi dati?
Il 70% della popolazione italiana vive in città altamente “energivore”, le quali, producono il 70% delle emissioni di carbonio, il 50% dei rifiuti a livello globale e il consumo del 60-80 % dell’energia e del 75% delle risorse naturali.
L’inquinamento è causa del 12% dei decessi globali e l’Italia, in particolare,è prima in Europa per morti attribuibili all’inquinamento atmosferico.
Arricchire le nostre città di spazi verdi può aiutarci a prevenire fino a 43.000 di questi decessi ogni anno, basti pensare che un ettaro di foresta urbana rimuove 17 kg l’anno di PM 10 e 36 kg di ozono troposferico.
Inoltre, è stato dimostrato come passare 3-4 volte a settimana immersi nella natura riduce del 33% la probabilità di dover assumere farmaci per disturbi quale la depressione e l’ansia.
Anche dentro le nostre case, dove si sommano agenti inquinanti esterni ed interni, la natura può venire in nostro soccorso, basti pensare che mettere una piantina in salotto può ridurre fino al 20% il diossido di azoto.
Nelle scorse settimane il Parlamento Europeo ha votato per adottare le linee guida dell’OMS entro il 2035, al fine di contrastare anche gli effetti negativi dell’inquinamento sui paesi del terzo mondo, secondo lei queste misure sono sufficienti?
Le responsabilità del degrado ambientale sono principalmente nostre ma per i paesi meno sviluppati seguire la nostra strada oggi non è più un’alternativa possibile. Siamo, infatti, ad un punto di non ritorno, come confermato dai dati scientifici a nostra disposizione; quindi, dobbiamo tutti intraprendereun percorso comune per salvaguardare il pianeta. A tal proposito delle nuove leggi più restrittive sono certamente un aiuto fondamentale per ridurre i danni alla salute delle persone e all’ambiente.
In Italia il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, grazie ai fondi ottenuti tramite il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ammontano a più di 60 miliardi di euro, ha intenzione di decarbonizzare il paese, come anche di raggiungere celermente tutti gli altri obiettivi globali ed europei stabiliti per il 2030 e il 2050.
Visto che la a decarbonizzazione è un tema particolarmente caro al WWF, cosa ne pensa di questi obiettivi?
Ecco, noi dobbiamo assolutamente liberarci dei combustibili fossili. Il WWF, in questo, è veramente molto assertivo, perché sbarazzarci dei combustibili fossili significherebbe anche liberarci di tutte le problematiche connesse alle emissioni di gas climalteranti.
Proprio per questo, già più di 10 anni fa, WWF aveva avviato la campagna “No al carbone, Sì al futuro”. Crediamo, infatti, che l’unica via possibile sia quella di arrivare al 100% di fonti rinnovabili entro il 2035.
Dobbiamo essere veloci perché il cambiamento climatico incalza. Basti pensare a tutti i fenomeni estremi che si sono verificati nelle nostre città nel corso di quest’anno (ma anche dei precedenti).
Gli obiettivi da raggiungere sono tanti e richiedono una revisione quasi totale della gestione del Paese. A tal proposito il WWF lancerà, a partire dal 16 ottobre, anche la sua nuova campagna Sustainable Future, la quale si rivolge prioritariamente ai cittadini e racconta come nella vita quotidiana si possa essere più sostenibili, ma non dimentica che serve essere accompagnati dalle istituzioni con leggi risolutive efficaci ed efficienti e anche dalle aziende, le quali devono adottare politiche aziendali per orientarle verso la riduzione degli impatti e al miglioramento della sostenibilità dei processi.