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Se posso, Komunico: Tutti/e possono imparare la lingua dei segni (LIS)

Il 19 maggio 2021 è stata approvata, anche in Italia, la Lingua dei segni (LIS). Un traguardo importante che, però, è solo il primo passo di un lungo cammino per l’inclusione di chi non può parlare: la LIS, infatti, è assente nella gran parte delle scuole e delle istituzioni, e mancano i servizi di interpretariato. Eppure, la LIS può fare la differenza, affrontando con successo i ritardi cognitivi e l’impossibilità di esprimersi, permettendo a insegnanti e alunni di imparare gli uni dagli altri e ribadendo che il trattamento delle disabilità non è solo terapia, ma anche gioia e divertimento, come racconta in questa intervista, Valentina Colozza, psicologa e psicoterapeuta sistemico-familiare, co-fondatrice dell’associazione Io se posso Komunico”. 

Di cosa si occupa nello specifico “Io se posso Komunico”? 

Io se posso Komunico è un’associazione di promozione sociale, che si occupa di fornire uno strumento di comunicazione per tutti i bambini affetti da sindromi, rare e non rare, che non possono parlare, strutturando un protocollo di intervento, che coniuga la preparazione e la pratica clinica all’uso della Lingua dei Segni Italiana (LIS). 

All’interno dell’associazione siamo psicoterapeute, assistenti alla comunicazione, interpreti, educatrici, logopediste e altro. “Io se posso Komunico” ha una doppia anima, uniamo una parte più psicologica ad una comunicativa. Ci occupiamo anche di disabilità lievi e percorsi per l’autonomia.  

Come è nata l’associazione? 

Sette anni fa sono entrata in contatto con una bambina di 9 anni affetta dalla sindrome Coffin-Siris, una patologia molto rara. Quando l’ho conosciuta aveva un ritardo cognitivo importante: la bambina non parlava, riusciva a scrivere, ma non si relazionava con le altre persone, era chiusa in sé stessa. Mentre i genitori sperimentarono un percorso terapeutico, la bambina fu affiancata dall’attuale co-fondatrice dell’associazione, la quale ha cercato di instaurare un rapporto non verbale con lei, cercando di mettersi al suo stesso livello. Da qui la bambina ha iniziato a usare la LIS: questa lingua le ha permesso di aprirsi, iniziando a comunicare con il mondo. Oggi è una ragazzina ironica iscritta al liceo linguistico con una passione per le lingue orientali. 

L’emozione che ha suscitato in noi è stata talmente grande che ci siamo chiesti se questo metodo potesse funzionare davvero: se non parli usi un altro canale comunicativo, ovvero la lingua dei segni. 

Tuttavia, ci siamo rese conto che non esisteva un metodo strutturato per questo abbiamo creato un protocollo sperimentale: I-SPK, acronimo di Io se posso Komunico, un metodo psico-linguistico che pone al centro dell’intervento non solo l’aspetto linguistico – fondamentale area di crescita e socializzazione – ma anche quello psicologico emotivo sia del bambino, sia della famiglia.  

Il parent-training, infatti, è fondamentale perchè dopo una ricerca è emerso che su 230 famiglie provenienti da tutta Italia con disabilità varie, solamente 7 famiglie ricevevano il supporto necessario. 

La LIS si struttura come una normale lingua parlata?  

Si tratta di una vera e propria lingua, con la sua sintassi, morfologia e grammatica; è diversa dalla nostra lingua perchè l’italiano segue una formula soggetto-verbo-oggetto, mentre in LIS lo schema è soggetto-oggetto-verbo. Ogni paese ha la sua LIS, esistono anche i dialetti, ma attualmente si sta standardizzando. 

Lo scorso anno, a maggio 2021, è stata riconosciuta come lingua nazionale, però manca ovunque, non è presente nella maggior parte delle scuole, delle istituzioni, e soprattutto manca il servizio di interpretariato nei servizi pubblici. È stato riconosciuto il ruolo dell’interprete, ma riconoscere una lingua non equivale a dare dei servizi. Nel resto d’Europa e in America le persone sorde vanno alle poste e trovano un interprete pronto a tradurre; lo stesso accade a teatro e nei canali televisivi, dove lo spettacolo e i programmi sono accessibili.  

Pertanto, abbiamo fatto un passo avanti con l’approvazione della legge, ma siamo ancora indietro con i servizi. Questo ha una ricaduta sui bambini, perchè l’assistente alla comunicazione, una figura deputata alla traduzione e adattamento dalla lingua vocale alla lingua segnata nelle scuole di ogni ordine e grado, non sempre è garantita per i bambini sordi. 

Su una media di 30 ore di frequenza scolastica, l’assistenza alla comunicazione nella Regione Lazio, per esempio, non viene data per più di 12 ore. Si tratta di un problema che non dovrebbe più esistere e questo diritto per i nostri bambini è sempre leso. 

Come possiamo sensibilizzare questo tema all’interno delle scuole?  

La nostra associazione, grazie a un progetto vinto della Regione Lazio, ha dato vita a un laboratorio gratuito della lingua dei segni in 12 scuole di Roma. Quando facciamo questi laboratori nelle scuole i bambini e le maestre sono messi sullo stesso piano. In questo scenario non è solo la maestra a insegnare al bambino, ma è anche il bambino che insegna alla maestra. Si raggiungono degli obiettivi senza avere il voto, cala l’ansia della performance. 

Quali sono i progetti futuri? 

Per quanto riguarda il futuro abbiamo in programma di aprire uno sportello psicologico d’ascolto e dei corsi di italiano per ragazzi sordi. 

Vorremmo, inoltre, attivare dei percorsi d’autonomia per i giovani con disabilità, questo perchè una volta concluso il percorso scolastico l’assistenza viene a mancare. Dobbiamo assisterli nell’inserimento lavorativo, nel creare gruppi di socialità, nel fare progetti di co-housing, nel diventare “grandi”. 

A febbraio, inoltre, inizierà un ciclo di cinema sottotitolato, con una visione assistita. Ci vogliamo occupare della parte sociale dei ragazzi, perché la disabilità non è solo terapia, ci deve essere il divertimento, il piacere, la crescita e l’irriverenza. 

L’altro progetto importante è per i siblings, ovvero i fratelli e le sorelle di persone con disabilità, collaborando con l’Osservatorio Malattie Rare (OMAR), vorremmo creare dei Gruppi d’ascolto e realizzare dei corsi di lingua dei segni per tutti coloro che ne necessitano. 

Tra i buoni propositi per il prossimo anno faremo un primo ritiro di tutti i collaboratori di I-SPK, per iniziare dei lavori collettivi e condivisi a livello nazionale di un approccio diverso alla disabilità.  

Oltre a questo, ci sono altri progetti in via di definizione con la Sapienza Università di Roma, che speriamo diverranno presto concreti.