La mia vita da caregiver: una missione di amore e inclusione
La cura quotidiana è solo una parte del compito di un caregiver, che si estende alla creazione di opportunità di crescita e inclusione. La Fattoria di Chiara e Arianna Onlus nasce come rifugio sicuro e stimolante, trasformando le sfide dell’autismo in momenti di sviluppo e connessione. La fondatrice, Manuela Merlo, in questa intervista condivide la sua esperienza personale e i progetti futuri, dimostrando come una missione di vita possa contribuire profondamente al vissuto di molte famiglie.
Sentiamo spesso parlare di caregiver, ma cosa significa realmente esserlo? Abbiamo parlato con Manuela Merlo, fondatrice e responsabile della Fattoria di Chiara e Arianna Onlus, e madre di Chiara, una ragazza autistica. La sua storia non è quella di un’operatrice esterna che ha deciso di dedicarsi al mondo della disabilità, bensì di una madre che, affrontando personalmente le sfide dell’autismo, ha trasformato la sua esperienza in una missione di vita. Come caregiver di Chiara, Manuela ha cercato e creato soluzioni per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità. La Fattoria di Chiara & Arianna Onlus è un esempio di questo impegno.
Che cos’è un caregiver?
Dal mio punto di vista, il caregiver può essere di due tipi. Nella sua forma più semplice, è colui che, per circostanze naturali o forzate, si assume la responsabilità delle necessità quotidiane e della gestione della routine di una persona con disabilità.
Nella versione più complessa, questa figura non si limita alla gestione delle necessità quotidiane, ma si assume anche la responsabilità di progettare e garantire una vita il più possibile serena e costruttiva per la persona con disabilità. Questo compito è estremamente impegnativo, poiché, nonostante le belle parole a livello istituzionale, i caregiver spesso si trovano ad affrontare le sfide completamente da soli.
Quali sono le principali sfide che deve affrontare un caregiver?
In primo luogo, la solitudine, seguita dal serio rischio di burnout, poiché il caregiver è spesso sottoposto a un carico emotivo molto elevato.
Negli ultimi anni, si è assistito ad un aumento del dibattito attorno al ruolo del caregiver, e sono state proposte iniziative a livello locale e nazionale per fornire supporto a questa figura. Tuttavia, questi servizi spesso non sono facilmente accessibili e possono essere lacunosi, non rispondendo pienamente alle esigenze dei caregiver nella pratica quotidiana.
Gestiti dai comuni attraverso fondi nazionali, questi servizi devono passare attraverso una serie di livelli amministrativi, dalle regioni ai comuni, e la loro disponibilità può variare in base alle risorse e agli sforzi delle autorità locali.
Quali sono, invece, le gratificazioni più grandi che lei riceve in questo ruolo?
La gratificazione più grande è sapere di aver fatto qualcosa di buono e significativo prendendosi cura di un altro essere umano. Ogni piccola conquista vale dieci volte di più rispetto a situazioni diverse. Anche se questo ruolo comporta una grande responsabilità e può togliere spensieratezza, ti dà anche la possibilità di fare qualcosa di davvero importante e significativo, come sapere di essere d’aiuto a qualcuno.
Come varia la percezione e l’integrazione sociale delle persone nello spettro autistico?
L’autismo ha un’incidenza sempre più crescente sulla popolazione e ogni anno in Italia si registrano circa 5.000 nuovi casi. Secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, un bambino su 77 viene diagnosticato con un disturbo dello spettro autistico, mentre negli Stati Uniti, il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) stima che un bambino su 36 sia nello spettro autistico.
È più corretto parlare di “autismi” anziché di autismo, poiché ogni individuo è unico e i casi sono molto diversi tra loro.
Essere in grado di connettersi con una persona autistica e comprenderne le sfumature, significa sviluppare una predisposizione e una capacità per affrontare un’ampia gamma di disabilità.
Esistono opinioni diverse, talvolta contrastanti, sull’autismo e sulla disabilità. Personalmente, credo che l’autismo non sia una patologia, ma un modo di essere che può diventare una disabilità quando si confronta con la società. È in quel momento che emergono le differenze.
La domanda da porsi è: quanto e come queste differenze incidono sul tessuto sociale e sulle relazioni? Nel contesto di una piccola comunità di 30 persone, di cui 10 autistiche, è verosimile che tutto funzioni armoniosamente.
Il problema si manifesta quando si tenta di integrare una persona autistica in un contesto sociale più ampio. La capacità di una persona di inserirsi nel tessuto sociale determina l’emergere dei suoi punti di forza e di debolezza, che possono trasformarsi in una forma di disabilità.
Come è nata la Fattoria di Chiara e Arianna Onlus?
La Fattoria di Chiara e Arianna Onlus è nata con un focus specifico sull’autismo, per poi aprirsi con il tempo a tutte le disabilità e, in realtà, a tutte le persone che desiderano vivere esperienze a contatto con la natura e la vita all’aria aperta. Questo sia perché c’era una richiesta sempre crescente, sia perché stare tutti insieme favorisce esperienze di inclusione.
Il focus sull’autismo è nato grazie a Chiara. La sua nascita mi ha avvicinato a questo mondo facendomi rendere conto del grande vuoto esistente nella gestione del tempo libero per persone con autismo e, più in generale, per chi ha disturbi del comportamento. Nella nostra Fattoria, tranne alcuni casi eccezionali e attentamente selezionati, come la TMA che si occupa di terapie, si svolgono attività ludico-ricreative e socializzanti. L’obiettivo è promuovere momenti di condivisione, sia attraverso attività strutturate e pensate, sia concedendo spazio alla libertà di espressione.
In cosa consistono i progetti svolti all’interno della struttura? in particolare il progetto TMA?
La Fattoria, da gennaio 2022, ospita un progetto TMA (Trattamento Multisistemico per l’Autismo – Metodo Caputo-Ippolito). Il progetto è guidato e supportato da operatori specializzati con supervisione periodica, che propongono attività sportive e motorie per rafforzare le abilità cognitive e potenziare le autonomie. Lavorando in piccoli gruppi di pari, i partecipanti svolgono giochi e attività ludico-ricreative, promuovendo così lo sviluppo delle loro competenze in un ambiente inclusivo.
Alcune attività, sono specificamente pensate per gruppi di ragazzi con esigenze speciali, mentre altre sono inclusive e aperte a tutti, come il progetto “Bimbi in natura”, un’iniziativa outdoor per bambini di età compresa tra i 18 mesi e i sei anni. Anche se le fasce d’età non sempre corrispondono, i ragazzi con disabilità e i bambini più piccoli stanno insieme, creando un ambiente di interazione e apprendimento reciproco. È molto interessante osservare come i bambini piccoli entrino in stretta relazione con la disabilità. Si tratta di un’esperienza in cui crediamo molto: educare i bambini fin da piccoli a stare tutti insieme facilita l’inclusione e riduce la necessità di grandi sforzi per promuovere la convivenza in età adulta.
Fino a che fascia d’età si viene accolti in Fattoria?
In Fattoria accogliamo persone di tutte le età, senza restrizioni. Anche se alcuni laboratori potrebbero essere mirati a una determinata fascia d’età, non ci sono limiti imposti né per coloro che sono disabili né per coloro che non lo sono. Se ci vengono proposti progetti interessanti e validi, li accogliamo. Ad esempio, in passato abbiamo avuto persone molto anziane affette da Alzheimer.
Quali sono i progetti futuri della Fattoria?
Il nostro obiettivo è mantenere la Fattoria come un luogo di sviluppo e crescita armonica per tutti, specialmente per i bambini e i ragazzi con disabilità.
Vorremmo anche offrire opportunità lavorative per loro in futuro e creare un ambiente residenziale per i ragazzi autistici. Anche se non tutti potranno accedere a questo progetto, a causa dei limiti di capienza, crediamo fermamente che i progetti ben riusciti possono essere replicati altrove.
La Fattoria sarà sempre accessibile a tutti. Qui ognuno potrà vivere diverse esperienze e fasi di sviluppo: lavorare, giocare, stare insieme, fare amicizia, socializzare e lavorare sulle proprie autonomie. Questo è il nostro obiettivo.