La guerra dei profughi: a 6 mesi dall’inizio della guerra, come stanno gli ucraini arrivati in Italia?
ARCI Solidarietà, in collaborazione con il Comune di Roma, l’Assessorato e il Dipartimento Politiche Sociali, i quali sono stati determinanti in questo frangente, ha contribuito attivamente all’accoglienza dei profughi ucraini, attraverso numerose iniziative di solidarietà nei confronti delle persone colpite dalla guerra. Tante le famiglie che vorrebbero tornare ma la prosecuzione della guerra impedisce loro di partire.
Ne abbiamo parlato con Valerio Tursi, Presidente di ARCI Solidarietà Onlus e Ilaria Rubbi, Referente progetto SAI GEA per ARCI Solidarietà.
Allo scoppio del conflitto, i progetti di accoglienza profughi erano già in funzione e sono stati diretti all’accoglienza del nuovo flusso di fuoriusciti dall’Ucraina. Inizialmente le persone all’interno del progetto SAI GEA, Sistema Accoglienza Integrazione, rivolto a richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, provenivanoda vari paesi dell’Asia, dell’Africa e del Sudamerica, ma questa guerra ha cambiato in maniera repentina l’accoglienza, oggi la maggior parte delle persone che arrivano in Italia sono ucraine.
“A fianco dell’accoglienza, ci sono state anche iniziative di solidarietà in Ucraina. ARCI Solidarietà ha aderito all’appello “Stop the war now” insieme ad altre organizzazioni, privati ed enti pubblici, dando il via a una campagna in cui, lo scorso aprile, è partita una carovana per supportare e dare una testimonianza di pace alla popolazione ucraina” afferma Valerio Tursi, Presidente di ARCI Solidarietà onlus.
La Onlus si è rivolta alle associazioni locali per fornire aiuti, medicinali e beni di prima necessità alle persone in difficoltà. In particolare, ARCI ha contribuito all’acquisto di un desalinatore, per contrastare la mancanza di acqua potabile in Ucraina.
Ma come stanno, effettivamente, gli ucraini arrivati in Italia a sei mesi dall’inizio del conflitto?
“Molte famiglie hanno il desiderio impellente di ritornare nelle proprie case. Inizialmente gli ucraini pensavano di venire in Italia per avere un appoggio temporaneo, ma adesso l’idea è cambiata poiché sta nascendo in loro la consapevolezza che questa guerra durerà più a lungo di quanto pensassero e che dovranno restare ancora un po’ nel nostro Paese” racconta Ilaria Rubbi, Referente progetto SAI GEA per ARCI Solidarietà.
Gli adolescenti ucraini arrivati in Italia stanno riscontrando diverse difficoltà, soprattutto a livello di shock psicologico, in quanto in un momento già delicato della propria vita, hanno dovuto cambiare anche il loro contesto di provenienza. Questo doppio cambiamento spesso disorienta e frena.
Anche la lingua è un ostacolo per molti cittadini ucraini. Gli adulti che hanno ottenuto in tempi rapidi una documentazione pronta dei loro studi non riescono ad essere inseriti in molti ambienti lavorativi, a causa dello “scoglio” linguistico.
Nonostante molti di essi stiano prendendo lezioni di italiano, rimane nella loro mente sempre l’idea di poter rientrare, il prima possibile, nel proprio paese.
La popolazione ucraina si trova in una fase di passaggio, anche se domani finisse il conflitto, tutti coloro che sei mesi fa avevano delle attività commerciali non potrebbero tornare direttamente a lavorare in Ucraina.
“Sono cambiate le loro prospettive di vita in maniera repentina, a seconda degli sviluppi della guerra. L’idea è sempre quella di ritornare nella propria terra d’origine, però l’ottima accoglienza che è stata possibile per le persone provenienti dall’Ucraina dovrebbe essere un riferimento anche per le future accoglienze di persone provenienti da altre parti del mondo e per quelle già presenti che spesso incontrano difficoltà nel loro percorso di inclusione” conclude Ilaria Rubbi.