Giornata Europee delle Fondazioni:la campagna “Ci Stiamo Lavorando” per un’Italia Inclusiva
L’art. 4 della Costituzione ci esorta a riconoscere a tutti i cittadini il diritto al lavoro, promuovendo le condizioni che possano rendere tale diritto realizzabile. Le Fondazioni di tutta Italia, in occasione della Giornata Europea a loro dedicata, si sono unite per promuovere centinaia di progetti realizzati nel nostro Paese per rendere il lavoro inclusivo e sostenibile.
In occasione della Giornata Europea delle Fondazioni, che dal 2013 si tiene ogni anno il 1° ottobre, Acri e Assifero, associazioni delle Fondazioni di origine bancaria, Fondazioni ed Enti filantropici, hanno dato vita alla campagna “Ci Stiamo Lavorando” volta a promuovere l’inclusività nel mondo del lavoro. L’iniziativa, avvenuta nella settimana dal 25 settembre al primo ottobre, ha visti coinvolti oltre 100 progetti, ottenendo il Patrocinio Rai per la Sostenibilità ESG.
Con Time4child abbiamo intervistato Matteo Gabbrielli, dell’area comunicazione di Acri, per discutere della nascita e degli obiettivi preposti per la campagna.
“Ci stiamo Lavorando”: come può essere descritta la campagna che avete realizzato in occasione della Giornata Europea delle Fondazioni?
Inclusiva e sostenibile. La nostra, ha rappresentato per lo più una campagna di comunicazione, accompagnata da vari eventi tenutisi proprio nella settimana tra il 25 settembre e il 1° ottobre, con lo scopo di mettere in luce i numerosi progetti sociali che si sono sviluppati sull’intero territorio italiano. Questa è la vera natura del nostro lavoro e siamo entusiasti di aver potuto parlare di un tema fondamentale quale quello dell’inclusività lavorativa.
Prima di tutto, per poter capire la campagna, è necessario chiarire cosa rappresentino e quale sia il ruolo assunto dalle due Fondazioni che l’hanno promossa: Acri e Assifero.
Le nostre Fondazioni ereditano da quelle che una trentina di anni fa si chiamavano “casse di risparmio” la parte filantropica. Rappresentano, dunque, enti privati non profit che hanno un patrimonio da investire sul proprio territorio con l’obiettivo di realizzare uno sviluppo economico, sociale e sostenibile.
Le Fondazioni non si muovono però da sole: queste collaborano con il terzo settore e con gli attori che lavorano sul loro territorio di riferimento. Questo è fondamentale: vorrei sottolineare l’idea della “collaborazione” perché le Fondazioni non mettono a disposizione solo le risorse economiche, ma anche la propria reputazione e le proprie competenze.
E da dove nasce la scelta delle due Associazioni di lavorare insieme?
Dal 2013 è stata creata l’iniziativa della Giornata Europea, ma in Italia le Fondazioni non facevano niente di congiunto. È così che nel 2019 con Acri decidemmo di provare a cambiare questo aspetto. Siamo partiti coinvolgendo le nostre associate e quelle di Assifero in una prima campagna social nel 2019 e abbiamo riscontrato una partecipazione ampia e convinta che ci ha fatto crescere e arrivare fino alla campagna “Ci Stiamo Lavorando”, dove l’intento principale è stato quello di dare un supporto comunicativo e di promozione alle associazioni che si impegnano intensamente ogni giorno per rendere il lavoro inclusivo. Non è stata però mera comunicazione; con le Fondazioni abbiamo voluto sottolineare anche il lato valoriale ed esperienziale dell’iniziativa: noi possiamo essere degli intermediari sul territorio, raccogliendo le iniziative funzionali e trasmettendole all’opinione pubblica per far sì che si sviluppino nuovi progetti.
Perché per questa campagna avete scelto proprio il tema dell’inclusività lavorativa?
La Costituzione, all’art. 4, ci spiega che “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”; proprio lo stesso articolo continua spiegandoci che il cittadino deve svolgere attività o funzioni che concorrano al progresso materiale o spirituale della società. Quindi perché è fondamentale il lavoro? Non solo per un proprio beneficio, ma perché, con questo, insieme al singolo crescono la comunità e il territorio. Proprio sulla base di questo abbiamo fatto emergere due aspetti fondamentali: l’importanza dell’evoluzione del lavoro e quella dell’inclusione lavorativa. In primo luogo, si parla di nuove necessità nel mondo del lavoro: se le società evolvono, anche quest’ultimo deve adattarsi a tale evoluzione. Ne è un esempio l’orario lavorativo che tende a diminuire: si è capito che è necessario avere più tempo per sviluppare sé stessi e i rapporti sociali, per questo abbiamo riadattato la nostra routine. In secondo luogo, se l’obiettivo del lavoro è quello dello sviluppo tanto sociale quanto personale, non possiamo dimenticare le barriere d’accesso del mondo lavorativo per persone con disabilità, ad esempio. Noi abbiamo dimostrato con la campagna che tutti possono essere inclusi nel mondo del lavoro.
A proposito di questo, durante le Giornate Europee avete raccontato, tramite la campagna, alcuni progetti sociali realizzati nel nostro Paese. Vuole riportarne alcuni?
Una bellissima storia ha preso vita a Modena dove una ragazza, nipote di immigrati italiani in America, una volta tornata in Italia sceglie di lavorare nel mondo della ristorazione. Durante il suo soggiorno incontra una giovane donna immigrata, prima donna della sua famiglia a lavorare e venuta nel nostro Paese per svolgere attività in un ristorante, che però era in difficoltà perché non riusciva a farsi assumere. Da questa storia nasce ROOTS, l’associazione creata dalla giovane italo-americana per formare le donne migranti tanto nella ristorazione quanto nell’imprenditorialità. I risultati dell’iniziativa si leggono nelle parole di una partecipante, la quale alla domanda “come hai vissuto il progetto?” ha risposto “ti fa sentire di esistere su questa terra, di essere viva in questo mondo e in questa città. Noi siamo donne con un cervello, con delle idee e delle conoscenze. Sappiamo di avere tanto da dare a questa società e con ROOTS tutto questo è possibile”.
Un altro progetto si è sviluppato a Perugia, dove è stato creato “Numero Zero”, ristorante che impegna ragazzi con vari livelli di disabilità, che funziona perfettamente ed è molto frequentato dalla popolazione locale. In questo caso il lavoro diventa uno strumento per garantire una vita il più possibile normale, costruendo allo stesso tempo un luogo di aggregazione e socialità: molto spesso, infatti, le persone con disabilità possono rimanere sole dopo la fine della propria carriera scolastica. Il bello del progetto è vedere la soddisfazione provata dai dipendenti del ristorante, che ci ricorda come questa non sia esclusiva di pochi, ma possa essere raggiunta da tutti.
Possiamo poi parlare del progetto “Piazza dei Mestieri” che nasce a Torino e si sviluppa anche a Milano e Catania, dedicato ai ragazzi e alle ragazze che hanno registrato difficoltà e abbandono nel proprio percorso scolastico. Il progetto ha voluto creare dei grandi spazi dove i giovani possono fare formazione al lavoro, dalla panificazione fino all’estetica, si insegna qualsiasi tipo di mestiere ma, soprattutto, si crea uno luogo in cui questi ragazzi possono incontrarsi, parlare e non sentirsi abbandonati a sé stessi.
I progetti sono però oltre cento e coinvolgono circa 30 mila persone in tutta Italia. Con onore possiamo dire che le Fondazioni si sono impegnate verso ognuno di questi investendo ogni anno circa 50 milioni di euro.
La campagna si è sviluppata durante la Giornata Europea: crede che il nostro Paese sia realmente inclusivo rispetto agli altri dell’UE? Si ha una consapevolezza su quanto promosso dalle Fondazione e, soprattutto, sulle Fondazioni stesse?
Il tasso di disoccupazione in Italia tra i 15 ai 74 anni è al 7,6%. Si ha una differenza di genere, senz’altro c’è una differenza anagrafica e c’è anche una differenza geografica tra Nord e Sud del Paese. Osservando i dati, emerge il bisogno di parlare maggiormente di inclusione lavorativa e di lavoro in generale. Per noi è una urgenza imprescindibile: il mondo del lavoro non è una realtà stabile ma muta costantemente; quindi, è necessario essere pronti ad affrontare le nuove sfide che arrivano.
Dunque: siamo riusciti a includere nel lavoro alcuni tipi di disabilità? Dobbiamo trovare il modo di includere anche gli altri; si è riusciti a diminuire le ore di lavoro a otto? Dobbiamo provare a ridurle a sei.
Ci rendiamo conto che non è forse possibile migliorare ogni aspetto, ma è necessario continuare a parlarne e a sensibilizzare sul tema. Le case history che abbiamo raccontato sono fondamentali in questo: oggi possiamo osservare questi progetti, parlare con chi li realizza, cercando di capire cosa funzioni e cosa è andato storto per poterli migliorare e riprodurre in larga scala.
Sono fortemente contrario allo stereotipo “in Italia non si può fare niente”, non è vero. In Italia si fanno un sacco di cose belle che dobbiamo sostenere e promuovere.
Come si può prendere parte a uno di questi progetti?
Rispetto a questa campagna, è possibile visitare il sito www.cistiamolavorando.it all’interno del quale è presente una mappa dei progetti che hanno aderito. In generale, le iniziative sono solitamente realizzate da associazioni, organizzazioni del terzo settore e organizzazioni di volontariato, ma sostenuti anche dalle Fondazioni; per questo, invito ad andare a controllare i siti web di queste sul proprio territorio. All’interno sarà possibile trovare i bandi attivi e quelli che sono stati vinti, quindi ricavare i nomi e i contatti delle associazioni che portano avanti determinati progetti. Un altro modo, inoltre, è quello di parlare con coloro che hanno preso parte alle iniziative che sapranno consigliare il modo migliore per entrare a far parte delle stesse.