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Giocare per imparare: il valore delle pause attive a scuola

Girotondo, nascondino, un due tre stella… giochi senza tempo che hanno accompagnato generazioni di bambini e continuano a farlo. Ma il gioco non è solo un passatempo: nelle scuole, sta diventando uno strumento educativo per favorire il benessere degli studenti.

Le cosiddette “pause attive” consistono in brevi momenti di movimento (5-10 minuti) integrati nell’orario scolastico, gestiti dagli insegnanti e pensati per alternare alla didattica frontale semplici esercizi fisici.

Un supporto alla didattica e alla salute

Secondo le linee guida del Ministero della Salute, le pause attive rappresentano una strategia utile per incentivare l’attività fisica tra bambini e ragazzi. Diversi studi scientifici, condotti principalmente in Irlanda e Australia, confermano che questi momenti di movimento contribuiscono a contrastare la sedentarietà e aiutano a raggiungere il livello minimo di attività fisica raccomandato (60 minuti al giorno per i giovani tra i 5 e i 17 anni). Inoltre, si riscontrano benefici anche sul piano fisico, sociale, emotivo e cognitivo.

Oltre a migliorare la salute generale, le pause attive hanno dimostrato effetti positivi sul comportamento in classe e sulle funzioni cognitive, potenziando attenzione, concentrazione e memoria. Gli studi indicano benefici immediati che possono durare fino a un’ora e, se praticate con costanza, effetti a lungo termine sulle capacità esecutive.

Approcci per una scuola più dinamica

Il Ministero dell’Istruzione e altri enti, come Indire e gli Uffici di Educazione fisica e sportiva, promuovono le pause attive attraverso diverse pubblicazioni. Le Linee guida nazionali sull’attività fisica (2019) identificano due approcci principali per la loro applicazione:

  • Gioco libero: momenti di pausa dall’attività scolastica curricolare per favorire il movimento spontaneo, con benefici sul piano fisico ed emotivo. Questo metodo è facilmente applicabile anche in contesti con risorse limitate.
  • Integrazione nelle lezioni: le pause attive vengono incorporate nelle attività didattiche, senza ridurre il tempo dedicato all’insegnamento, rendendo il movimento parte del processo di apprendimento.
Il modello “Scuola in Movimento”

Un’ulteriore prospettiva è quella proposta dai libri Maestra, facciamo una pausa? e Pronti? Facciamo una pausa!, scritti da Raffaela Mulato e Stephan Riegger. La loro visione, denominata “Scuola in Movimento”, promuove un’integrazione trasversale tra movimento e cultura dell’apprendimento.

Stephan Riegger, ideatore del metodo, e Raffaela Mulato, presidente dell’Associazione Moving School 21 ETS, sottolineano come la scuola tradizionale non tenga ancora pienamente conto dei cambiamenti fisici e cognitivi degli studenti:

“La formazione degli insegnanti – nelle università, negli insegnamenti delle diverse didattiche disciplinari, e negli istituti per la formazione degli insegnanti a livello regionale – non ha (ancora) inserito nei propri curricula contenuti formativi che tengano conto del movimento come concetto base dei processi di insegnamento e di apprendimento. Al contrario, Salute in Movimento si fonda sulla consapevolezza che esiste un rapporto molto stretto tra spazio, salute, movimento e apprendimento, come affermano oggi le neuroscienze e da tempo le scienze pedagogiche: le scienze della scuola, dei dirigenti scolastici, dei docenti! Con i due libri [suddetti] offriamo soluzioni pratiche – è chiaro che queste non sono ancora sufficienti per combattere/superare con successo il dilemma della scuola seduta o in movimento – e mostriamo cosa manca ancora per evitare che a scuola si ripetano sempre gli stessi errori”.

Una pratica sempre più diffusa

La ricerca scientifica conferma gli effetti positivi delle pause attive se applicate con regolarità: migliorano la concentrazione, riducono lo stress, aumentano la motivazione e favoriscono lo sviluppo delle competenze sociali. Non a caso, molte scuole europee all’avanguardia adottano un modello basato su 45 minuti di lezione seguiti da 15 minuti di movimento.

Le pause attive, quindi, non rappresentano una semplice interruzione, ma un’opportunità per ripensare la scuola in chiave dinamica, favorendo il benessere fisico e mentale degli studenti e creando un ambiente di apprendimento più efficace e partecipativo.