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Esperienza all’estero: sperimentarsi per avere una marcia in più

Recarsi all’estero per studiare o per fare una, più o meno, breve esperienza di lavoro è ormai una skill richiestissima nel mondo del lavoro. Per questo motivo sempre più ragazzi scelgono di partire per mettersi alla prova e imparare

Perché sempre più giovani sentono la necessità di fare esperienze, lavorative o di studio, all’estero?

Ben 85.000, infatti, gli studenti italiani “mobili” secondo l’Institute for Statistics dell’UNESCO, l’1,3% sul totale della popolazione studentesca mondiale.

Dietro ad una scelta che a molti potrebbe sembrare dovuta da una semplice “ricerca di avventura”, tipica della gioventù, si celano in realtà decisioni, nella maggior parte dei casi, ben ponderate e motivate non solo dalla voglia di scoprire nuovi mondi e modi di fare, ma anche, e soprattutto, dalla speranza di acquisire skills fondamentali per il mondo del lavoro.

Basti pensare che, da un recente sondaggio effettuato da AlmaLaurea chi ha svolto un periodo di studio all’estero riconosciuto dalla propria università ha ben il 12,3% di possibilità in più di trovare lavoro ad un anno dal conseguimento del titolo rispetto ai suoi coetanei.

Allo stesso modo, anche chi decide di prendersi un gap year, ossia un anno sabbatico di studio e lavoro all’estero, ha il 25,6% di possibilità in più di essere scelto durante un colloquio.

Sicuramente tali dati sono anche dovuti al fatto che chi si reca all’estero raggiunge più facilmente un livello di inglese pari o superiore al B2, skill molto richiesta dai datori di lavoro e che pochi studenti riescono ad ottenere rimanendo in Italia.

In ragione di quanto detto, sempre dall’ultima indagine di AlmaLaurea, è emerso che ben l’8,4% dei laureati aveva maturato un’esperienza di studio all’estero riconosciuta principalmente nell’ambito del programma Erasmus+, progettosviluppato dall’UE e focalizzato sull’educazione e la formazione.

L’Italia, in particolare, è prima per studenti in partenza nell’ambito di Erasmus+ e di loro, ben il 59% è donna, valore che sale ulteriormente se si guarda ai dati di chi sceglie di partire per uno stage aziendale, dove raggiunge il 63%.

Ovviamente non sono solo gli studenti universitari quelli che decidono di intraprendere esperienze di studio all’estero. Seppure in numero minore, la mobilità tocca anche la fascia liceale degli studenti italiani.

Secondo Intercultura, in particolare, nell’anno scolastico 2022-2023 sono stati ben 1.700 gli studenti tra i 15 e i 17 anni partiti dall’Italia, di questi solo il 46% è rimasto in Europa e il restante si è diviso tra località extraeuropee anglofone (22%) e non (31%).

Vi sono inoltre moltissimi ragazzi che decidono di recarsi all’estero per svolgere attività lavorative, ad esempio lavorando come au pair (o ragazzi alla pari).

L’esperienza da au pair permette, a ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 30 anni, non solo di migliorare il proprio livello di inglese (o di imparare altre lingue), ma anche di spesarsi autonomamente, poiché, contrariamente a quanto avviene con le esperienze di studio, che sono o finanziate dai genitori o parzialmente dallo Stato, per gli au pair il fulcro si trova proprio nel vivere presso la famiglia ospitante, svolgendo per loro dei lavori (solitamente baby sitter o lavori in casa).

Oltre a praticare la lingua con la famiglia, l’au pair concorda un orario di lavoro che possa permettergli di frequentare un corso d’inglese.

Solo nel 2018 erano 1300 i ragazzi italiani partiti per intraprendere quest’ esperienza, contando unicamente quelli che hanno scelto di farlo tramite agenzie ufficiali.

Diversa ancora è la situazione per chi decide, ad esempio, di conseguire il titolo di studio completamente all’estero, lì i costi sono ben più elevati visto che includono tasse universitarie, living, spostamenti e molto altro.

EF(Education First), per esempio, ha stimato una spesa media per quanto riguarda i costi della vita e di studio (per una laurea triennale) in tre delle mete anglofone più ambite dagli studenti internazionali: USA, Australia e Regno Unito.

Che sia per lavoro o per studio tutti questi ragazzi partono con la speranza di acquisire qualcosa dai loro viaggi e, nella maggior parte dei casi, è così.

Erasmus, Au Pair, Gap Year, o qualsivoglia esperienza più o meno lunga all’estero, permettono a chi decide di intraprenderle, di ottenere non solo una prospettiva diversa del mondo, nata dal contatto con culture, luoghi e persone diversi da quelli cui sono da sempre abituati, ma anche di ampliare le capacità di sopravvivenza e adattamento nonché, ovviamente, le competenze linguistiche.

Una ricerca effettuata dall’Institute of International Education nel 2017 ha dimostrato, inoltre, come coloro che avevano fatto esperienze all’estero, avessero maturato non solo skills in ambito interculturale ma, più in generale, a livello cognitivo, interpersonale e intrapersonale. In particolare, la maggior parte dei candidati aveva riportato un netto miglioramento per quanto riguarda flessibilità, curiosità, adattabilità, autostima e consapevolezza.

Dunque, non solo hard skills ma anche, e soprattutto, soft skills, ormai parte fondamentale di ogni curriculum vitae.

Un’esperienza all’estero, quindi, sia essa una prosecuzione del corso di studi o un’interruzione momentanea di questi ultimi, non è mai una perdita di tempo per i ragazzi che decidono di percorrere questa strada, ma un arricchimento che va ben oltre il semplice voto e dona loro ricordi preziosi e capacità fondamentali per il mondo del lavoro.