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DAD: non un ostacolo ma una opportunità

Con la discussione sulla riapertura o meno delle scuole, il mondo dell’insegnamento deve affrontare un’analisi di coscienza

La didattica digitale a distanza, la cosiddetta “DAD”, è purtroppo diventata, oggi, una realtà quotidiana per moltissimi ragazzi. L’emergenza legata al Covid-19, con la fase di lockdown prima e le norme di distanziamento sociale poi, hanno reso inagibili le aule delle scuole italiane.

Si è quindi ricorso alla didattica a distanza: uno strumento che già esisteva con la dicitura “FAD”, seppur con una diffusione minore, che ha permesso nei momenti più difficili di avere un barlume di routine scolastica, evitando di “perdere un anno”. Se in una prima fase si è cercato di trasferire in digitale la modalità di insegnamento fisica che avveniva in classe, è ormai necessario che insegnanti e scuole prendano atto che lo strumento ha regole e meccanismi a sé, e soprattutto offre molto di più, e che l’insegnamento a distanza non può ricalcare quello in aula semplicemente digitalizzandosi.

Un esempio virtuoso è quello dell’Istituto Comprensivo Statale “Ungaretti” di Melzo. Si tratta del primo istituto comprensivo pubblico in Italia inserito da Apple come “Distinguished school” tra le scuole più innovative al mondo: al suo interno, infatti, da diverso tempo la tecnologia viene integrata nel sistema di insegnamento e studenti e famiglie possono scegliere tra diverse tipologie di frequentazione delle lezioni, compresa quella a distanza. Ne abbiamo parlato, durante il panel di Time4child goes digital “La didattica digitale non conosce distanza”, con la dirigente dell’istituto Stefania Strignano. “Questo momento storico ha messo in luce come la digitalizzazione sia il vaccino per le scuole: non solo nell’immediato ma anche per essere luoghi di formazione proiettati nel presente e nel futuro” ha dichiarato Strignano, ponendo l’accento sul fatto che la didattica a distanza non può ridursi al trasferimento in virtuale della lezione frontale, ma ha delle regole e dei meccanismi a sé. E con queste vengono anche diverse opportunità: “Il ruolo del docente ad esempio – ha continuato durante il suo intervento – non può essere lo stesso che in classe. Noi ad esempio organizziamo gruppi di lavoro virtuali per la produzione di contenuti culturali dove il docente si “mette da parte”, osservando il lavoro dei suoi studenti e indirizzandoli”. Il digitale infatti offre la possibilità di sviluppare “attitudini e inclinazioni degli studenti, che devono essere messi alla prova sia nelle hard che nelle soft skills”. Non ha, perciò, senso tenere i ragazzi incollati allo schermo come se fossero seduti sui banchi: è necessario ripensare il metodo di insegnamento. Un’urgenza che ha sottolineato anche Andrea Maricelli, Docente degli Istituti De Amicis e Componente del Tavolo del Ministero dell’Istruzione per l’innovazione. “La tecnologia se non si sa come sfruttarla non serve a nulla” ha dichiarato durante il suo intervento nello stesso panel, portando esempi concreti di metodi di insegnamento alternativi alla lezione frontale e che possono trovare nella didattica a distanza la loro realizzazione. “Anche gli insegnanti devono imparare a mettersi in discussione, aprendosi a nuovi orizzonti di didattica”. In questo momento storico ancora di più la scuola italiana ha dovuto confrontarsi con ostacoli legati ad un modello ormai superato. “Esistono evidenze scientifiche che dimostrano che non si può portare avanti la didattica nello stesso modo – ha aggiunto Maricelli – La didattica digitale non è un ostacolo ma una opportunità da non perdere”.